martedì 28 maggio 2013
Museo Antropologico
Il Museo fu fondato nel 1869 dal grande scienziato Paolo Mantegazza, che a Firenze ricoprì la prima cattedra di Antropologia in un'Università italiana. All'epoca della sua creazione fu il primo museo universitario antropologico d'Europa e in esso confluirono inizialmente le collezioni appartenenti al museo di Fisica e Storia Naturale. Successivamente il patrimonio museale, grazie anche ai materiali raccolti nelle prime esplorazioni italiane e straniere, si arricchì di collezioni di tipo etnografico e anatomico-osteologico. Il Museo è organizzato in 32 sale disposte su due piani e comprende diverse sezioni. La collezione antropologica, iniziata da Mantegazza, comprende oltre a scheletri umani di epoca recente e antica, una tricoteca, una gipsoteca e una raccolta di calchi di busti e maschere rilevati soprattutto su viventi. La collezione etnologica proviene da un nucleo iniziale risalente alle raccolte dei Medici successivamente arricchito e perlopiù contiene oggetti provenienti da paesi extra-europei, come Papuasia, Lapponia, Perù, Kafir. E' presente anche una collezione di reperti fotografici, anche questa creata da Mantegazza, che comprende negativi e positivi di soggetto prevalentemente antropologico e numerose fotografie di viaggi. Infine, il Museo comprende una collezione di strumenti scientifici storici, realizzati tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, tra i quali possiamo trovare altimetri, compassi e altri oggetti utilizzati nel laboratorio antropometrico.
Questo è stato l'ultimo dei musei in programma che ho visitato.Stavo andando in biblioteca quando ci sono passata davanti e curiosa ci sono entrata;leggendo di una conferenza con ingresso libero sull'antropologia preistorica a fumetti ho deciso di salire al primo piano e inconsapevole che stavo andando nel padiglione dedicato all'antropologia ho comicniato ad osservare le teche di vetro che incontravo lungo il percorso per arrivare alla conferenza quando camminando,osservando sala dopo sala e leggendo le didascalie sotto i vari oggetti appartenenti a tribu' provenienti da ogni parte del mondo ho compreso che ero nel posto giusto.Il bello è stato che non ho pagato nessun biglietto.
Sono arrivata di fronte al pannello con i calchi dei volti appartenenti a diverse etnie,ognuno con una diversa forma del viso,degli occhi,del naso,della bocca, che ha subito attirato la mia attenzione.Ho letto il modo in cui sono stati ricavati i calchi: una persona viene fatta sdraiare e le viene messo sul viso ,fatto colare il componente per creare il calco e dei tubicini per fare respirare la cavia. visto che la procedura non è molto piacevole è per questo motivo che molti dei calchi hanno espressioni del viso sofferenti.E se prima a prima vista,osservando i visi non me ne ero resa conto,,subito dopo aver letto delle diverse espressioni ho notato questo particolare non indifferente.
In tutte le stanze ci sono oggetti appartenenti a diverse tribu': indumenti,strumenti per il lavoro,pettini,aghi per lavorare i tessuti,telai,gioielli,capanne,stoviglie,copricapi,armi come lance ognuna in legno intagliato in modo differente oppure coltelli anche in metallo dopo che i colonizzatori hanno portato questa novità dove si spostavano.
Sono rimasta affascinata da molti oggetti che ho visto ,per esempio nella sala della tribu' del Congo ho osservato che molti oggetti presenti gli avevo già visti a Capo Verde,luogo abiatto da uomini neri,come una tazza presente nella teca che io ho identica a casa.Oppure bellissime collane con denti di animali a dove capo Verde,paese vicino all'Africa,hanno la stessa usanza di creare questi gioielli con denti di squalo.
Tutti questi popoli dove passato o presente sopravvivono alle tribu', hanno abilità manuali eccezionali. Sono inventori,scultori,pittori,incisori,architetti. Inventano oggetti con cio' che la natura gli dona. Molti popoli credono nella magia,agli spiriti,al malocchio,alle influenza negative.
Mi è piaciuto moloto il set per il cucito e i tessuti creati a telaio. Ho visto strumenti musicali e sono rimasta affascinata dai popoli aborigini. Quando penso all'Australia mi viene in mente un bel ragazzo biondo ,palestrato,con gli occhi chiari ma relamente l'australia prima della colonizzazione era abitata da persone di colore che sono state cacciate dal loro luogo nativo e uccise. Oggi sopravvivono all'interno dell?australia.
domenica 26 maggio 2013
Museo di Antropologia-Etnologia
Museo di Antropologia-Etnologia
Il museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia è situato in via del Proconsolo a Firenze nel palazzo Nonfinito,progettato da Bernardo Buontalenti. E' il
primo museo universitario antropologico d'Europa.Fu fondato da Paolo Mantegazza nel 1869,con l'intento di mostrare le varie diversità umane,sia in campo fisico che culturale.Mantegazza,studioso antropologico,scattò molte fotografie nella sua vita, e molte di queste sono custodite proprio all'interno del museo.Queste foto servivano per documentare le varie differenze del corpo umano tra le varie popolazioni.Grande scienziato Mantegazza,studiò gli effetti terapeutici della cocaina, la fecondazione artificiale e la conservazione dello sperma dei soldati,tramite ibernazione con neve e ghiaccio.La collezione all'interno del museo comprende reperti scheletrici umani di epoca recente ed antichi (età neolitica, eneolitica, del Bronzo e del Ferro, resti etruschi, di età romana e barbarica) parti molli (preparati anatomici) .Busti e maschere rilevate su viventi appartenenti a gruppi umani di varie parti del mondo.Possiamo vedere inoltre alcuni strumenti antropometrici,costruiti tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento: compassi per la misurazione di uomini, con le punte arrotondate per non provocare lesioni alla pelle, compassi per le misurazioni ossee con le punte aguzze, goniometri a pendolo per determinare l'angolo facciale, antropometri per calcolare le varie altezze.I dati ricavati dalle misurazioni venivano poi utilizzati per l'elaborazione statistica. La collezione etnologica, è formata da oggetti provenienti dalle collezioni medicee e comprende oggetti di origine extraeuropea.Ci sonopoi raccolte delle cilviltà dei Lapponi e dei Samoiedo e del Perù antico. Da quando è nato il museo, la collezione è stata continuamente arricchita.Possiamo vedere anche la collezione di reperti fotografici che conserva negativi e positivi di soggetto antropologici.Mantegazza, fu anche il fondatore della Società Fotografica Italiana.Quest'ultima collezione riconosce alla fotografia un valore scientifico.La raccolta comprende anche numerose fotografie di viaggi.
Jlenia Serpa
mercoledì 22 maggio 2013
La Galleria del Costume (Palazzo Pitti).
La Galleria del Costume, fondata nel 1983,
è situata nella settecentesca Palazzina della Meridiana di Palazzo
Pitti, possiede un patrimonio di seimila pezzi fra abiti antichi,
costumi teatrali e accessori.
E' uno dei più importanti musei di storia della moda al mondo.
Nelle sue sale è presentata un’ampia selezione di abiti che va dal Settecento al Novecento, stili e mode si susseguono, abiti antichi e abiti moderni danno testimonianza delle diverse epoche e del variare del gusto nel campo del made in Italy. Essa è rinnovata ogni due anni.
Gli abiti vengono esposti a rotazione per proteggerne l'integrità e per illustrare singole collezioni nella loro completezza.
E’ un museo dinamico che cambia il suo allestimento grazie al continuo incremento del proprio patrimonio per mezzo di acquisizioni quali lasciti e donazioni da parte di privati e istituzioni, e acquisti da parte dello Stato.
Per tutte le esposizioni vengono adottati manichini dalla forma corrispondente alla struttura corporea che varia con il mutare delle epoche. Il corpo femminile infatti, indossando costrittive sottostrutture come i corsetti, veniva gradualmente modificato.
I capi, ogni volta esposti, vengono accuratamente messi in teche di vetro antipolvere con all'interno un complesso processo di areazione per il mantenimento.
Recentemente la Galleria del Costume si è arricchita degli abiti funerari della famiglia Medici.
L'abito di Cosimo I, di sua moglie Eleonora da Toledo e del figlioletto Don Garcia morto all'età di 15 anni dopo essersi ammalato gravemente di malaria.
Essi sono stati recuperati grazie a uno studio e un lavoro di restauro certosino, estrememente complesso fatto e diretto da Janet Arnold.
E' uno dei più importanti musei di storia della moda al mondo.
Nelle sue sale è presentata un’ampia selezione di abiti che va dal Settecento al Novecento, stili e mode si susseguono, abiti antichi e abiti moderni danno testimonianza delle diverse epoche e del variare del gusto nel campo del made in Italy. Essa è rinnovata ogni due anni.
Gli abiti vengono esposti a rotazione per proteggerne l'integrità e per illustrare singole collezioni nella loro completezza.
E’ un museo dinamico che cambia il suo allestimento grazie al continuo incremento del proprio patrimonio per mezzo di acquisizioni quali lasciti e donazioni da parte di privati e istituzioni, e acquisti da parte dello Stato.
Per tutte le esposizioni vengono adottati manichini dalla forma corrispondente alla struttura corporea che varia con il mutare delle epoche. Il corpo femminile infatti, indossando costrittive sottostrutture come i corsetti, veniva gradualmente modificato.
I capi, ogni volta esposti, vengono accuratamente messi in teche di vetro antipolvere con all'interno un complesso processo di areazione per il mantenimento.
Recentemente la Galleria del Costume si è arricchita degli abiti funerari della famiglia Medici.
L'abito di Cosimo I, di sua moglie Eleonora da Toledo e del figlioletto Don Garcia morto all'età di 15 anni dopo essersi ammalato gravemente di malaria.
Essi sono stati recuperati grazie a uno studio e un lavoro di restauro certosino, estrememente complesso fatto e diretto da Janet Arnold.
Erica Piacenza.
Museo di Antropologia ed Etnologia.
Il Museo di Antropologia
ed Etnologia attualmente fa parte del complesso del Museo di
Storia Naturale dell’Università di Firenze, che comprende anche il Museo
di Botanica, quello di Geologia e Paleontologia, quello di Mineralogia e
Litologia, il Museo della Specola e infine l’Orto Botanico.
Il suo fondatore è stato Paolo Mantegazza.
Paolo Mantegazza, da studioso antropologico e convinto darwinista aveva l'obiettivo di raccogliere le testimonianze della diversità culturale umana.
Egli, durante i suoi numerosi viaggi, scattò insieme ai suoi collaboratori, migliaia di foto per documentare le differenze morfologiche del corpo umano nelle varie popolazioni.
Grandissimo scienziato studiò anche gli effetti terapeutici della coca, sperimentandola personalmente durante uno dei suoi spostamenti in Sud America e si occupò, pionieristicamente, anche di fecondazione artificiale e di conservazione dello sperma dei soldati in partenza per il fronte, mediante ibernazione con neve e ghiaccio. Medico e professore di Patologia generale presso l’Università di Pavia, creò nel 1896 a Firenze la cattedra di Antropologia e il Museo.
Il Museo, che dal 1924 ha sede nel magnifico palazzo Nonfinito progettato da Bernardo Buontalenti, custodisce sale suggestive, attraversandole sembra di viaggere per paesi e continenti lontani: dalle terre dei Lapponi a quelle del popolo degli Ainu di Hokkaido, dagli indigeni della Papuasia al Perù degli Incas, e così via. Espone reperti relativi a culture e popolazioni soprattutto extraeuropee, che ne illustrano appunto gli usi e i costumi. Inoltre vengono esposti abiti e gioielli, armi e oggetti di uso quotidiano. Da sapere, nella sezione di Antropologia, sono conservati reperti scheletrici di grande importanza scientifica, per un totale di circa 10.000 pezzi.
La sala che personalmente mi ha colpita di più è quella dedicata alla fisionomia dell'essere umano che fa sfoggio di affascinanti, suggestivi calchi facciali denotando la diversità dei caratteri somatici dei vari popoli.
Il suo fondatore è stato Paolo Mantegazza.
Paolo Mantegazza, da studioso antropologico e convinto darwinista aveva l'obiettivo di raccogliere le testimonianze della diversità culturale umana.
Egli, durante i suoi numerosi viaggi, scattò insieme ai suoi collaboratori, migliaia di foto per documentare le differenze morfologiche del corpo umano nelle varie popolazioni.
Grandissimo scienziato studiò anche gli effetti terapeutici della coca, sperimentandola personalmente durante uno dei suoi spostamenti in Sud America e si occupò, pionieristicamente, anche di fecondazione artificiale e di conservazione dello sperma dei soldati in partenza per il fronte, mediante ibernazione con neve e ghiaccio. Medico e professore di Patologia generale presso l’Università di Pavia, creò nel 1896 a Firenze la cattedra di Antropologia e il Museo.
Il Museo, che dal 1924 ha sede nel magnifico palazzo Nonfinito progettato da Bernardo Buontalenti, custodisce sale suggestive, attraversandole sembra di viaggere per paesi e continenti lontani: dalle terre dei Lapponi a quelle del popolo degli Ainu di Hokkaido, dagli indigeni della Papuasia al Perù degli Incas, e così via. Espone reperti relativi a culture e popolazioni soprattutto extraeuropee, che ne illustrano appunto gli usi e i costumi. Inoltre vengono esposti abiti e gioielli, armi e oggetti di uso quotidiano. Da sapere, nella sezione di Antropologia, sono conservati reperti scheletrici di grande importanza scientifica, per un totale di circa 10.000 pezzi.
La sala che personalmente mi ha colpita di più è quella dedicata alla fisionomia dell'essere umano che fa sfoggio di affascinanti, suggestivi calchi facciali denotando la diversità dei caratteri somatici dei vari popoli.
Erica Piacenza.
Museo Ferragamo.
Il 29 aprile 2013 sono andata a visitare Il Museo di Ferragamo al Palazzo Spini Speroni di Firenze.
In tale occasione ho potuto essere partecipe di una nuova mostra intitolata " Il calzolaio prodigioso ", dove fiabe e storia si impadroniscono degli spazi.
Fiabe, miti e leggende messi su scarpe per raccontare la storia di Salvatore Ferragamo.
L'esposizione parte dall'analisi della sua vita, essa stessa una fiaba, una storia con caratteri quasi di leggenda: nato in una famiglia di contadini nel 1898 a Bonito, un paesino vicino Napoli, undicesimo di 14 figli, scoprì presto il suo talento creativo.
Il viaggio verso gli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro, in fuga dalla miseria.
Imparare il segreto della scarpa che calza bene, l'apertura di una piccola bottega in California, l'affermarsi piano piano, la conquista del mondo del cinema e poi poco più che ventenne il ritorno in patria, scegliendo Firenze come sua città, la città per eccelenza.
In mostra ci sono 93 scarpe, 20 tacchi gioiello, una giostra con scarpe gioiello, 47 volumi, tra cui 'La zapatera prodigiosa' di Federico Garcia Lorca.
Allestita anche una sala per la visione di 12 film.
Per l'occasione alcuni scrittori, come Hamid Ziarati, Michele Mari ed Elisa Biagini, hanno creato storie inedite mentre il compositore Luis Bacalov ha scritto una partitura musicale e alcuni artisti hanno creato opere dedicate alle fiabe.
C'è poi una sezione dedicata alle sculture e ai disegni di Mimmo Paladino, di cui è esposta una statua.
Non manca il fumetto.
Frank Espinosa ha concepito una serie di tavole basate sulla storia di Salvatore Ferragamo.
Infine un cortometraggio intitolato "White Shoe" diretto da Mauro Borrelli, che prende spunto da un episodio della vita di Salvatore Ferragamo bambino, quando creò, dal nulla, un paio di scarpette bianche per la comunione della sorellina.
Le immagini di Paladino e i fumetti di Espinosa sono anche protagonisti su una serie di shopping bag e T-shirt: il ricavato dalla vendita sarà devoluto all'Ospedale del cuore di Massa che realizzerà per quest'ultimo un libro pieno di racconti fiabeschi dedicato a grandi e piccini.
In tale occasione ho potuto essere partecipe di una nuova mostra intitolata " Il calzolaio prodigioso ", dove fiabe e storia si impadroniscono degli spazi.
Fiabe, miti e leggende messi su scarpe per raccontare la storia di Salvatore Ferragamo.
L'esposizione parte dall'analisi della sua vita, essa stessa una fiaba, una storia con caratteri quasi di leggenda: nato in una famiglia di contadini nel 1898 a Bonito, un paesino vicino Napoli, undicesimo di 14 figli, scoprì presto il suo talento creativo.
Il viaggio verso gli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro, in fuga dalla miseria.
Imparare il segreto della scarpa che calza bene, l'apertura di una piccola bottega in California, l'affermarsi piano piano, la conquista del mondo del cinema e poi poco più che ventenne il ritorno in patria, scegliendo Firenze come sua città, la città per eccelenza.
In mostra ci sono 93 scarpe, 20 tacchi gioiello, una giostra con scarpe gioiello, 47 volumi, tra cui 'La zapatera prodigiosa' di Federico Garcia Lorca.
Allestita anche una sala per la visione di 12 film.
Per l'occasione alcuni scrittori, come Hamid Ziarati, Michele Mari ed Elisa Biagini, hanno creato storie inedite mentre il compositore Luis Bacalov ha scritto una partitura musicale e alcuni artisti hanno creato opere dedicate alle fiabe.
C'è poi una sezione dedicata alle sculture e ai disegni di Mimmo Paladino, di cui è esposta una statua.
Non manca il fumetto.
Frank Espinosa ha concepito una serie di tavole basate sulla storia di Salvatore Ferragamo.
Infine un cortometraggio intitolato "White Shoe" diretto da Mauro Borrelli, che prende spunto da un episodio della vita di Salvatore Ferragamo bambino, quando creò, dal nulla, un paio di scarpette bianche per la comunione della sorellina.
Le immagini di Paladino e i fumetti di Espinosa sono anche protagonisti su una serie di shopping bag e T-shirt: il ricavato dalla vendita sarà devoluto all'Ospedale del cuore di Massa che realizzerà per quest'ultimo un libro pieno di racconti fiabeschi dedicato a grandi e piccini.
Erica Piacenza.
Museo Gucci.
Un
posto che fa sentire orgogliosi di essere italiani.
Il racconto di una storia di successo, di un'impresa conosciuta nel mondo e che il mondo ci invidia.
Il racconto di una storia che non è solo quella di una borsa all'ultima moda, è un universo di passione, cultura di moderna imprenditorialita' e risultati riconosciuti in tutto il mondo.
Gucci diventato un simbolo di gusto, stile e qualità.
Il museo fiorentino è quindi un luogo dove si celebra un'esperienza di successo, si ammirano i modelli che hanno fatto la storia del marchio, si fa un'esperienza di stile.
Il Museo si sviluppa su tre piani, al piano terra si può trovare l'esposizione permanente con la grande sala Viaggio, dedicata alla valigeria e agli accessori, con articoli creati per il jet-set internazionale, che durante gli anni '50, '60, '70 hanno contribuito al lancio e al successo internazionale.
Il fondatore Guccio Gucci, per questa sua prima creazione, si ispirò ad una sua personale esperienza lavorativa: quella di portiere all' Hotel Savoy di Londra!!
Al primo piano si possono ammirare le icone del brend con tre sale espositive.
Prima, la sala Mondo Flora, che mette in risalto l'intramontabile motivo a fiori che nel tempo è stato declinato in molteplici interpretazioni e copie per la decorazione di Foulard eleganti, il bambù,
il nastro verde- rosso- verde e il tipico morsetto che appare su borse, calzature, accessoristica.
Seconda, la sala Borse, percorso di design ed eccellenza artigianale che ricorda i modelli storici, divenuti veri e propri oggetti di culto (La Bamboo Bag e La mitica Borsa Jackie).
Tutto il percorso del primo piano termina poi con l'introduzione alla sala da Sera e alla sala Preziosi , meravigliosa sezione dedicata ai favolosi abiti per eventi esclusivi, abiti da red carpet, stupefacente l'abito dorato, in più sono esposte clutch uniche con oggetti di estremo valore.
Al secondo piano, il percorso continua con la sala detta della Logomania, spazio che ripercorre l’evoluzione del monogramma della doppia G, tracciando una storia nella storia il cui protagonista è l’intramontabile segno grafico divenuto emblema del made in Italy.
Infine, prseguendo la mostra, i temi Lifestyle e Sport completano il viaggio all’interno del museo, infatti possiamo ammirare una serie di oggettistica che investe ogni aspetto della vita quotidiana di un essere umano: dal set di bicchieri, alle lampade, al set da pic-nic.
Da ricordare, perchè non sono da meno, che all'interno del museo troviamo anche un caffè, un bookstore, un Icon Store.
Accoglienza di standard elevato. Grande preparazione del personale.
Il racconto di una storia di successo, di un'impresa conosciuta nel mondo e che il mondo ci invidia.
Il racconto di una storia che non è solo quella di una borsa all'ultima moda, è un universo di passione, cultura di moderna imprenditorialita' e risultati riconosciuti in tutto il mondo.
Gucci diventato un simbolo di gusto, stile e qualità.
Il museo fiorentino è quindi un luogo dove si celebra un'esperienza di successo, si ammirano i modelli che hanno fatto la storia del marchio, si fa un'esperienza di stile.
Il Museo si sviluppa su tre piani, al piano terra si può trovare l'esposizione permanente con la grande sala Viaggio, dedicata alla valigeria e agli accessori, con articoli creati per il jet-set internazionale, che durante gli anni '50, '60, '70 hanno contribuito al lancio e al successo internazionale.
Il fondatore Guccio Gucci, per questa sua prima creazione, si ispirò ad una sua personale esperienza lavorativa: quella di portiere all' Hotel Savoy di Londra!!
Al primo piano si possono ammirare le icone del brend con tre sale espositive.
Prima, la sala Mondo Flora, che mette in risalto l'intramontabile motivo a fiori che nel tempo è stato declinato in molteplici interpretazioni e copie per la decorazione di Foulard eleganti, il bambù,
il nastro verde- rosso- verde e il tipico morsetto che appare su borse, calzature, accessoristica.
Seconda, la sala Borse, percorso di design ed eccellenza artigianale che ricorda i modelli storici, divenuti veri e propri oggetti di culto (La Bamboo Bag e La mitica Borsa Jackie).
Tutto il percorso del primo piano termina poi con l'introduzione alla sala da Sera e alla sala Preziosi , meravigliosa sezione dedicata ai favolosi abiti per eventi esclusivi, abiti da red carpet, stupefacente l'abito dorato, in più sono esposte clutch uniche con oggetti di estremo valore.
Al secondo piano, il percorso continua con la sala detta della Logomania, spazio che ripercorre l’evoluzione del monogramma della doppia G, tracciando una storia nella storia il cui protagonista è l’intramontabile segno grafico divenuto emblema del made in Italy.
Infine, prseguendo la mostra, i temi Lifestyle e Sport completano il viaggio all’interno del museo, infatti possiamo ammirare una serie di oggettistica che investe ogni aspetto della vita quotidiana di un essere umano: dal set di bicchieri, alle lampade, al set da pic-nic.
Da ricordare, perchè non sono da meno, che all'interno del museo troviamo anche un caffè, un bookstore, un Icon Store.
Accoglienza di standard elevato. Grande preparazione del personale.
Erica Piacenza.
martedì 21 maggio 2013
Lettura 1C Il carroccio
L'abito e' un codice di segni,un modo per comunicare in modo visibile senza bisogno di parlare.L'abito e' l'identità di una persona,della società a cui appartiene e ciò che gli altri pensano di lui.Nel passato questo codice era molto più decifrabile, perché vedendo l'abbigliamento eravamo subito in grado di capire se faceva parte della nobiltà o del clero.Le leggi suntuarie imponevano un determinato tipo di abbigliamento sia per il clero che per la nobiltà .Questi codici infatti erano molto precisi e rigidi,sia nella forma che nel colore, nelle decorazioni e nei materiali.Negli anni però queste imposizioni sono cambiate, infatti proprio agli inizi dell'800 ci furono innovazioni in campo teatrale.Fino ad allora si opponevano due tipi di idee:
• Il costume di scena doveva restare quello che era stato per tutto il 600,cioè un miscuglio di vesti sfarzose e l'unico scopo era quello di colpire la fantasia.
• Proponeva costumi per ogni opera teatrale, realizzati in base al soggetto e alla scena, ai tempi e ai luoghi in cui era ambientata.
L'Ottocento fu il secolo delle pitture storiche e delle verosomiglianze.
Oggi l'abito può avere molti significati e solo con lo studio , l'analisi e la ricerca sartoriale si ha la conoscenza dei materiali,dei tagli, dei coloranti ecc...
Questa materia ci permette infatti di studiare dall'origine della nostra Storia dandoci tante informazioni per poter capire il nostro oggi e il nostro futuro.
domenica 12 maggio 2013
STRUMENTI DI LAVORO DEL SARTO,IERI E OGGI
STRUMENTI DI LAVORO DEL SARTO
IERI E OGGI
Ago,Forbici,Spilli e Ditali,parole magiche di un hobby antico,ma mai fuori moda:il cucito.Attività spesso tramandata di madre in figlia,e che una volta imparata serve a modificare o realizzare abiti e accessori. Partendo dalla cassetta da cucito,possiamo dire che all’interno di quest’ultima non possono mancare:aghi di diverse dimensioni-forbici-cuscinetto per aghi e spilli-ditale-fili e metro. Partendo dall’ago,possiamo dire che è proprio grazie a questo sottile strumento che nasce l’abito.L’ago infatti è,ed era capace di unire due tessuti anche di materiali diversi unendoli tra loro.Inizialmente l’ago non era altro che una parte di animale(ossa),legno o una spina ricavata dalla foglia di Agave,tagliata parzialmente nella parte finale,in modo che restasse attaccata una parte di fibra usata come filo.Il problema dell’ago a quel tempo era che essendo fatto con materiali naturali come lesine,legno e piante non poteva essere troppo sottile o si sarebbe spezzato.Gli aghi quindi essendo abbastanza grossi,lasciavano anche un buco troppo grande,non potendo quindi essere usati su tessuti fini e leggeri,ma usato solo come punteruolo sulle pelli e sul cuoio.I primi ad introdurre gli aghi in acciaio furono gli Arabi.Questi aghi avevano il vantaggio di essere piu resistenti e non pieghevoli in punta.Fu poi a Norinberga che furono perfezionati e fabbricati in modo da essere estremamente funzionali.Un altro strumento abbinato all’ago è il ditale,che aveva la funzione di proteggere le dita delle mani,durante il lavoro di cucito.Il ditale è usato da millenni,con forme diverse,in base al tipo di materiale da cucire,adeguandosi allo sviluppo della struttura dell’ago.I primi ditali risalgono al neolitico e non venivano infilati sulle dita,ma venivano tenuti nel palmo della mano,proteggendo dalla cruna dell’ago,allora molto grossi.I ditali potevano essere fatti in pietra-bronzo e ferro.Il ditale vero e proprio compare piu di 2000 anni fa,con forma ad anello,aperto sulla punta,con incisioni concave sulla fascia.Alcuni “anelli” sono stati ritrovati in Cina in una sepoltura risalente al 200 A.C e negli scavi di Pompei.Il ditale chiuso come quello di adesso si diffonde nel medioevo,con forme bombate in metallo.Questi ditali erano molto costosi anche se non erano fatti con materiali preziosi.Nei secoli seguenti vennero prodotti con materiali preziosi,trasformandosi in piccoli oggetti ornamentali,oltre che strumenti d’uso preziosi come gioielli da esibire.All’inizio del diciannovesimo secolo inizia la produzione industriale,il metallo diventa sottile e la punta abbastanza piatta con la distribuzione dei buchetti regolari.I ditali moderni sono realizzati in acciaio inossidabile ma possono essere costruiti con:vetro-osso-bronzo-ferro-avorio-madreperla-legno-argento-oro.Altro strumento del sarto sono le forbici,utilizzate per tagliare materiali sottili che richiedono poca forza come carta,tessuti,corde,fili ecc..Adifferenza del coltello le forbici sono formate da due lame che possono ruotare attorno a un perno fisso.Lo sforzo è dato mediante l’azione meccanica esercitata sull’impugnatura,formata da due anelli nei quali si infilano il dito pollice ed il medio della mano.Le prime forbici risalgono all’Egitto,nel 300 A.C mentre le prime cesoie risalgono all’epoca Romana intorno al 100 A.C.Non ci furono in questi anni grandi innovazioni nella produzione fino al 1761,quando Robert Hincliffe produsse il primo paio di forbici in acciaio fuso.Hincliffe dovette risolvere una serie di problemi tecnici.Uno dei primi problemi infatti erano i buchi per l’impugnatura.L’unità di misura piu antica del sarto era inizialmente il palmo della mano o spanna,la quale si riportava su uno spago che veniva annodato in corrispondenza della misura presa.Il sistema metrico si ha in Francia nel 1791 in piena rivoluzione.Questi sistemi si sono affermati in tutto il mondo,inizialmente nei paesi non anglossassoni e piu recentemente in quelli inglesi.Nei primi sistemi metrici c’erano due unità fondamentali:il metro per la lunghezza e il grammo per la massa.Il metro infatti è uno di quegli strumenti senza il quale il sarto non puo lavorare con precisione.E’ l’unità di misura del sistema internazionale.In Italia il metro è stato attuato mediante il campione dell’istituto nazionale di ricerca metrologica di Torino.Altro oggetto un tempo utile al sarto erano gli scaldamani in ceramica,utilizzati per scaldare le mani,aggiungendo all’interno dell’acqua calda.Altri piccoli strumenti di ieri e di oggi sono il portaspilli,il gessetto del sarto triangolare e facilmente removibile,Fili e altri oggetti di decorazione come bottoni e cerniere.
MUSEO ANTROPOLOGICO ED ETNOLOGICO
MUSEO
DI ANTROPOLOGIA E ETNOLOGIA
Il Museo
Nazionale di Antropologia ed Etnologia è una sezione del museo di Storia
Naturale. Fondato nel 1869 da Paolo Mantegazza, è il primo museo europeo del
suo genere.
Ospita collezioni
di particolare interesse scientifico provenienti da ogni parte del mondo,
divise per provenienza geografica. Di particolare interesse sono i reperti
eschimesi che il visitatore può ammirare nelle prime sale del museo: oltre
all’oggettistica di uso quotidiano e per la caccia, vi sono esposti
interessanti costumi impermeabili fatti con strisce di budelli di cetaceo cucite
insieme e adornati con piccole piume. Proseguendo all’interno del museo sono
esposte collezioni riguardanti le popolazioni Ainu del Giappone e ai nativi
americani. Nel primo caso si tratta di vesti e reperti, soprattutto con
funzioni rituali, raccolti da Paolo Mantegazza, nel secondo si tratta di una
sala totalmente dedicata ai cosi detti Indiani d’America, con reperti classificati
secondo la provenienza della tribù. Curiosi sono i calzari delle tribù delle
praterie che mantengono gli zoccoli dell’animale dal quale sono stati ricavati.
Nel museo si
trova anche una piccola sala dedicata alla fisionomia dell’essere umano con calchi
facciali molto affascinanti. Molto interessante è l’area dedicata all’Antico
Perù: qui troviamo vari reperti precolombiani e diversi corpi mummificati
naturalmente, alcuni dei quali si trovano in curiosi cestini per poterli
trasportare durante le festività dedicate ai defunti che curiosamente si
svolgevano i primi di Novembre.
Proseguendo c’è
la ricchissima collezione dedicata all’area Asiatica, in particolar modo a
quella indonesiana con costumi, armi, oggetti di uso quotidiano e rituale e
alcune riproduzioni in scala di capanne tradizionali. Nella sezione dedicata
all’Oceania, invece, troviamo i reperti raccolti dall’esploratore James Cook
durante il Settecento. Particolarmente impressionanti sono le armi e i resti
umani con i quali si adornavano alcune popolazioni antropofaghe della
Polinesia.
Alla fine del
percorso del museo troviamo l’area dedicata ai reperti africani: Bantù, Pigmei,
Somali ed Eritrei sono alcuni dei popoli che ritroviamo in quest’area ricca di
oggetti ornamentali, armi, tessuti, strumenti musicali e suppellettili
domestiche.
Elena
Scopetani
GALLERIA DEL COSTUME
GALLERIA
DEL COSTUME
La Galleria del
costume, situata nella Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti, è l’unico
museo statale che si occupa di costume. La scelta dell’ubicazione non è
casuale. Infatti, nel 1951, proprio a Palazzo pitti si svolse la prima sfilata
di moda dalla quale nacque poi il made in Italy.
La galleria nasce
negli anni ’80, periodo in cui iniziano i primi stuti italiani sulla storia del
costume. Contiene numerosi abiti, in buone condizioni, esposti in teche
antipolvere, che sono sostituiti ogni due o tre anni poiché abiti così delicati
hanno bisogno di riposo.
Le varie sale
sono divise per epoche, descrivendo in modo dettagliato il vario susseguirsi di
stili e mode, accostando abiti antichi originali a creazioni moderne del made
in Italy, così da poter apprezzare l’intramontabilità di alcuni stili e
modelli, come ad esempio lo stile Impero o le variazioni di frange e perline
tipiche degli anni Venti.
Oltre a questi
interessanti confronti, si possono ammirare anche alcuni esempi iconici e
inconfondibili dello stile italiano come ad esempio le stampe di Emilio Pucci o
le plissettature di Fortuny.
Senza dubbio
però, gli abiti più rari e preziosi della galleria sono i vestiti funebri del
granduca Cosimo I dé Medici, di sua moglie Eleonora di Toledo e del loro
figlioletto don Garzia, mancato all’età di quindici anni a causa di un attacco
di malaria. Gli abiti sono stati ritrovati nelle tombe della basilica di San
Lorenzo e sono stati restaurati da Janet Arnold
Elena
Scopetani
MUSEO FERRAGAMO
MUSEO
FERRAGAMO
Quando sono stata
a visitare il museo di Salvatore Ferragamo avevano da poco cambiato
l’allestimento della mostra. Sono stata catapultata più che in un museo, in un
mondo delle favole. Il nuovo allestimento, infatti, si chiama “Il calzolaio
prodigioso, fiabe e leggende di scarpe e calzolai” e, nonostante sia un po’
caotico a mio avviso, dà l’impressione di entrare in una fiaba. All’ingresso
sono esposti numerosi modelli del creativo calzolaio e si ripercorre la sua
storia sin dagli esordi, proprio come fosse una storia magica per bambini. Non
a caso, in una sala adiacente, è proiettato il cortometraggio “White Shoe” del
regista Mauro Borrelli, liberamente ispirato a un episodio della vita del
giovane Salvatore. Racconta, infatti, la prima creazione dello stilista: un
paio di scarpette bianche create in una notte per la prima comunione della
sorellina. Oltre a questo corto viene proiettato anche il film del ’48 “Le
scarpette rosse”.
Tutto è impostato
sulla relazione tra favola, leggenda, mito e scarpe. Dello stilista non c’è
molto in esposizione ma in compenso ci sono molte opere interessanti di altri
artisti che sono stati ispirati o hanno rivisitato il mondo di Ferragamo. Ad
esempio i simpatici dipinti dell’artista americana Ann Craven che ripropone
simpaticamente alcuni modelli dello stilista campano. O ancora gli anfibi alati
di Annette Lumieux, pensati per moderni Hermes, i dipinti di Mimmo Palladino e
uno dei primi manifesti pubblicitari per Salvatore Ferragamo realizzato da Fernando
Baldi.
Elena
Scopetani
MUSEO GUCCI
MUSEO GUCCI
Situato nel
centro storico di Firenze, in un monumentale palazzo affacciato su Piazza della
Signoria, il Museo Gucci offre un viaggio all’interno della storia della
celebre maison fiorentina.
L’allestimento
museale si snoda su tre piani espositivi e parte proprio dalla sala intitolata
“Viaggio”, nella quale si racconta la storia del giovane Guccio Gucci che
iniziò la sua produzione proprio partendo da quegli articoli da viaggio dai
quali era rimasto affascinato durante la sua esperienza lavorativa londinese
all’Hotel Savoy come facchino.
Al primo piano
troviamo invece tre differenti sale. La prima è dedicata al “Mondo Flora”, il
motivo floreale creato dall’illustratore Vittorio Accornero per decorare i
foulard della maison e che diventa un vero e proprio simbolo della casa di moda
fiorentina insieme al bambù, al nastro verde-rosso-verde e al morsetto che
compaiono ripetutamente su borse abiti e accessori. Seguendo la mostra si
arriva alla zona della borsetteria, dove sono riproposti i più celebri modelli
Gucci come la Bamboo Bag o la Jackie. Proseguendo si arriva in una delle sale a
mio avviso più emozionanti del museo: la sala “Evening” dove sono esposti
alcuni degli abiti creati appositamente per i red carpet e gli eventi più
esclusivi. Stupendo è l’abito dorato creato per l’ultima campagna pubblicitaria
del profumo Gucci Première, ma ci sono anche altri abiti che tra piume e
lustrini fanno davvero sognare.
Al secondo e
ultimo piano del museo troviamo una sala dedicata alla “Logomania” e al simbolo
GG emblema della maison che fin dagli anni ’60 compare sulle chiusure delle
borse. Ma non è solo su borse, abiti e accessori che lo stile Gucci si
sbizzarrisce. Proseguendo la mostra possiamo, infatti, ammirare una serie di
oggettistica che investe ogni aspetto della vita e del tempo libero: dal set da
pic-nic ai giochi di società, dalle lampade da tavolo ai set di bicchieri,
tutto rigorosamente firmato Gucci. L’ultima sala infine è dedicata a uno degli
articoli più rappresentativi e iconici della produzione Gucci: il mocassino con
il morsetto di metallo composto da due anelli uniti da una barretta, creato
dalla maison nel 1953 ma tuttora attualissimo, un classico che non tramonta
mai.
Elena
Scopetani
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