Il made in Italy nell’epoca della postproduzione
La dottoressa Alessandra Vaccari con il suo trattato denota ed analizza
il percorso di origine e sviluppo, nonché trasformazione, del Made in Italy. Il
suo principale intento è designare la visione della moda italiana concernente
il ciclo produttivo e creativo. La
concezione dell’Italia come produttrice di articoli di alta qualità e gamma è
ormai assodata e da lungi divenuta topos; è infatti luogo comune e
nell’immaginario collettivo associare l’industria manifatturiera italiana alla
produzione di oggetti e prodotti di brands e marchi contraddistinti da fama e
prestigio, rivolti ad un commercio internazionale. Nell’ampia letteratura e
fonti volti a trattare e recensire il Made in Italy, non sono pressoché mai
state attestate e testimoniate le qualità e gli importanti apporti che
l’industria italiana ha dimostrato ed esercitato nel ciclo ideativo. L’apporto
creativo italiano si denota particolarmente nel commercio transnazionale, in
modo cospicuo nelle aree del Nord America ; si attesta che questa
collaborazione lavorativa abbia preso avvio circa negli anni Cinquanta del XX
secolo. Gli Stati Uniti hanno esercitato un importante ruolo per l’economia
italiana postbellica (in riferimento alla seconda guerra mondiale): essi hanno
generato una metamorfosi per il mercato italiano, poiché ne hanno consentito la
divulgazione e l’ampliamento, mentre dal punto di vista culturale hanno
accresciuto la consapevolezza delle potenzialità dell’industria manifatturiera
e del design italiani. Un numero rilevante di aziende americane ha manifestato
interesse nel processo produttivo e nel sistema organizzativo di fabbricazione
ed in concomitanza e/o consequenzialmente ha esteso e mostrato la propria
attenzione al ciclo creativo del prodotto. L’Italia infatti all’estero è
universalmente considerata patria di buongusto e creatività, nonché di qualità
e lusso. La ricercatezza italiana nel coniugare estetica e qualità, ha trovato riscontro
da parte di brands americani i quali hanno deciso per tali motivazioni di
delocalizzare il ciclo ideativo e produttivo autoctono per trasferirlo in
Italia e delegarlo ad aziende di tradizione e qualità. Dunque è pertanto
corretto affermare che il mercato del Made in Italy ha gradualmente traslato e
trasformato il suo operato: inizialmente si parlava di Made in Italy facendo
pressoché esclusivamente riferimento alle prestazioni d’opera manuali e
qualitativamente eccellenti; nel mondo contemporaneo si parla invece di Made in
Italy rivolgendosi alla riconversione
dell’industria italiana della moda dall’ambito manifatturiero alla gestione di
marchi globali attraverso operazioni di licensing, dunque alle prestazioni
d’opera intellettuali e creative. Due marchi americani che attestano questa
scelta di percorso sono rispettivamente in ordine di adesione, Woolrich e Paul
Frank. In entrambi i casi si tratta di marchi con un’identità di origine
fortemente americana. Woolrich è una storica
e datata azienda tessile e manifatturiera americana, fondata da John
Rich in Pennsylvania nel 1830; inizialmente adibita alla produzione di lana per
coperte e uniformi di lavoro il brand ha sviluppato nel tempo la produzione di
abbigliamento outdoor. Paul Frank è invece un marchio di recente fondazione
(1995) che vede la sua origine in California; la sua produzione è dedita a capi di abbigliamento di stile
streetwear rivolti ad un pubblico particolarmente giovanile. L’azienda Woolrich
iniziò la collaborazione con un’azienda italiana intorno agli anni Ottanta; la
cooperazione al debutto consisteva nell’importazione e distribuzione del
modello di giacca Artic Parka, in seguito una società italiana rielaborò e
reinventò un’intera linea di capi spalla Woolrich. La fashion company Paul
Frank ha pressoché intrapreso lo stesso percorso di investimento, ovvero iniziò
ad importare i suoi capi di abbigliamento in Italia alla fine degli anni
Novanta, successivamente l’azienda italiana Ito Industrie ha elaborato una
collezione, e ha preso dunque parte al ciclo ideativo della marca statunitense.
Si può dunque definire il percorso del Made in Italy “inside-out”, ossia dalla
produzione alla creazione. L’Italia puo’ essere considerata in definitiva un
reale ‘laboratorio creativo’ a livello globale. Tale laboratorio creativo è
composto da tre fattori fondamentali che interagiscono: design, servizi e
consumo. Il design, ovvero la progettazione stilistica degli articoli, è
delegata dalle compagnie estere interamente o parzialmente alle aziende italiane;
la produzione invece è frequentemente assegnata ad aziende dei Paesi Asiatici
per minori costi di fabbricazione e per mantenere l’americanità del marchio. I
brands statunitensi presentano dunque ordinariamente design italiano,
ispirazione americana, produzione orientale. L’obiettivo dei marchi americani è
perciò mantenere il ‘rough’ americano come imprinting e affiancarlo dall’eleganza
e dal buon gusto italiani. E’ pertanto globalmente riconosciuta all’industria
manifatturiera italiana la capacità di rielaborare ed arricchire idee
preesistenti, se non la facoltà ed il talento di inventare dal principio oggetti
di design. Un ulteriore punto cardine dell’industria artigianale e
manifatturiera italiana sono le manifestazioni fieristiche, ovvero i servizi
che enti pubblici o privati offrono come
attività promotrice e sponsorizzatrice del settore Made in Italy. Una delle
rassegne vitale e di maggiore rilevanza è indubbiamente l’evento ‘Pitti
Immagine’ di Firenze, esposizione che prende nome dalla sede stessa di
appoggio, Palazzo Pitti. La terza componente fondamentale del laboratorio
creativo italiano è data dalla presenza di una diffusa cultura e tradizione
della moda in Italia; il pubblico italiano risulta pertanto uno spettatore
attivo e particolarmente sensibile alle nuove proposte e alle tecnologie
d’innovazione del settore del fashion. Dunque essendo il pubblico italiano un
pubblico dinamico e astante, il settore della moda non puo’ che essere
conseguentemente molto sviluppato. In conclusione si comprende come il mercato
italiano del Made in Italy abbia trasformato il suo operato nel mondo odierno,
in virtù di uno sviluppo economico e al fine di adattarsi alle nuove esigenze
commerciali maturatesi e evolutesi con la globalizzazione ed il consumismo. Nel
tempo l’Italia ha perciò ‘metamorfizzato’ il proprio ruolo: da produttrice di
fama mondiale, ha sviluppato una vena creatrice fino a giungere alle
generazione di fenomeni di ‘esportazione di ritorno’.
Articolo a cura di Elena Provenzani
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